Expatriates & Global Mobility News dall’Agenzia delle Entrate- novembre 2021

Approfondimenti a cura del team Expatriates & Global Mobility di BDO Tax 

 

Risposta ad interpello n. 622 del 23 settembre 2021 - Carried interest

La scelta del meccanismo di incentivazione dei lavoratori dipendenti basata sui carried interest ha assunto nel tempo un ruolo di sempre maggiore rilevanza.

La scelta di tale schema, tuttavia, può avere delle implicazioni dal punto di vista reddituale; sulla base di alcune condizioni, detti emolumenti derivanti dai carried interest possono assumere la qualifica di redditi di natura finanziaria oppure di redditi di lavoro dipendente.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 622 del 23 settembre 2021 ha evidenziato che la carenza di uno o più presupposti stabiliti dalla normativa di cui all’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, non determina l'automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un'analisi caso per caso, finalizzata a verificare la sussistenza di quanto dedotto dal dettato normativo.

In base all’art. 60 del sopra richiamato Decreto, i redditi derivanti dai carried interest si considerano in ogni caso redditi finanziari (di capitale o diversi) se siano congiuntamente rispettate le seguenti condizioni:

  • l’impiego complessivo assunto dai soggetti comporti un esborso effettivo pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento;
  • i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che attribuiscono i diritti rafforzati maturino solo dopo che tutti i soci o partecipanti abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e a un rendimento (hurdle rate) previsto nello statuto o nel regolamento;
  • le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi diritti rafforzati siano posseduti per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data del cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.

Se tutte le condizioni sopra esposte si verificano, il carried interest si qualifica come reddito finanziario e, pertanto, generalmente assoggettato ad imposta sostitutiva del 26% (anziché ai più onerosi scaglioni marginali IRPEF).

In caso contrario, come specificato nella risposta all’Interpello di cui sopra, occorrerà operare un’analisi caso per caso.

 

 

Risposta ad interpello n. 683 del 7 ottobre 2021 - Regime inpatriates per i lavoratori che rientrano dal distacco all’estero: conferma del requisito della discontinuità lavorativa

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 683, del 7 ottobre 2021, ha confermato che il “regime impatriati”, di cui all’art 16, D.Lgs. 147/2015, non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro in Italia, in assenza del requisito della “discontinuità lavorativa”.

Il caso di specie riguarda un cittadino italiano che, dopo un periodo di distacco all’estero più volte prorogato, fa rientro in Italia il 31 Gennaio 2021, cessa il precedente rapporto di lavoro e ne inizia uno nuovo con un’altra società del medesimo gruppo.

Il nuovo contratto di lavoro prevede, tra le altre, le seguenti pattuizioni: “le ferie non saranno riconosciute, però sarà riconosciuta l’anzianità dalla prima data di assunzione, e non vi sarà alcun periodo di prova. Per quanto attiene il trattamento di fine rapporto, quest’ultimo è accantonato ai fondi pensione e quindi non c’è, quasi mai, liquidazione dello stesso anche nel caso di cessazione del rapporto di lavoro”.

Il dipendente chiede quindi all’Agenzia delle Entrate se rispetta i requisiti per l’accesso al “regime impatriati”, di cui all’art. 16, D.Lgs. 147/2015.

L’Amministrazione Finanziaria, richiamando la circolare n. 33/2020, conferma nuovamente che l’accesso al regime premiale è ammesso solo nel caso in cui il rientro in Italia avviene in discontinuità del rapporto di lavoro, sia in termini di contratto che di mansioni.

Precisa, inoltre, che l’agevolazione, pur in presenza di un “nuovo” contratto lavorativo per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale, non è comunque permessa se permane una situazione di “continuità” sostanziale, rilevabile attraverso i seguenti indicatori:

  • il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
  • il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
  • l’assenza del periodo di prova;
  • clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
  • clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.

Nel caso in esame, dal momento che il “nuovo contratto” sottoscritto dal dipendente non prevedeva il periodo di prova e non prevedeva la liquidazione del trattamento di fine rapporto, l’Agenzia delle Entrate ha considerato la posizione lavorativa assunta dal soggetto al rientro dal distacco in sostanziale “continuità” con la precedente posizione, esprimendo un parere contrario all’applicazione del regime premiale.

In conclusione, l’Amministrazione finanziaria non ha ravvisato il requisito della “discontinuità lavorativa” al rientro del distacco, in assenza del quale deve considerarsi precluso l’accesso al “regime impatriati”.

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