Con l’introduzione del “nuovo” codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il D.Lgs. n. 14/2019 ha riformato l’art. 2086 c.c.., introducendo (con un inedito secondo comma) l’obbligo per l’imprenditore, che eserciti l’attività d’impresa in forma collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa atto anche (e soprattutto) alla rilevazione tempestiva dell’eventuale stato di crisi dell’impresa.
Le evoluzioni operate dal Legislatore nell’ultimo ventennio in tema di società azionarie (e non) hanno progressivamente consacrato la regola di adeguatezza degli assetti organizzativi come principio di corretta gestione imprenditoriale, in quanto tale destinata a valere in tutte le realtà imprenditoriali in forma collettiva o societaria.
A distanza di più di sei anni dall'approvazione del D.Lgs. n. 14/2019, la motivazione per la quale la tematica in oggetto risulti ancor oggi molto attuale deriva dalla convinzione che il grado di efficienza di una gestione societaria sia fortemente condizionato (a torto o ragione) anche dalla cura e dalla predisposizione di assetti organizzativi adeguati alla natura dell’attività di impresa esercitata. E ciò, con importanti riflessi dal punto di vista applicativo.
Idealmente, quindi, muovendo dalla generale disciplina di corretta gestione, il percorso argomentativo, giungerà all’analisi di un profilo di problematicità pratico/applicativo legato alla “nuova” forma di responsabilità per deficit organizzativo nella crisi dell’impresa passando, quindi, per le “insidie” legate all’identificazione dei limiti e del significato del concetto di adeguatezza dei modelli organizzativi.