Expatriates & Global Mobility News - ottobre 2021

Approfondimenti a cura del team Expatriates & Global Mobility di BDO Tax 

 

Risposta ad Interpello n. 345 del 17 maggio 2021 – Sospensione del regime convenzionale ex art.  51, comma 8-bis, Tuir, per i dipendenti espatriati costretti a rientrare in Italia per l’epidemia Covid-19

Come noto l’art. 51, comma 8-bis del TUIR reca un regime particolarmente conveniente per i dipendenti distaccati all’estero in quanto consente, al verificarsi di determinate condizioni, di tassare i redditi da lavoro dipendente nel limite delle “retribuzioni figurative”, annualmente fissate dal Ministero del Lavoro (cd “retribuzione convenzionale”), in luogo dell'effettivo reddito da lavoro dipendente percepito che solitamente è decisamente più elevato.

Tuttavia, la crisi sanitaria internazionale causata dalla diffusione del Covid-19 ha modificato la situazione, dal momento che molti dipendenti italiani assegnati all'estero sono stati costretti a far ritorno in Italia e continuare a lavorare come "expat" da casa loro in Italia.

L'Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 345 del 17 maggio 2021, ha confermato che tale sgravio fiscale può essere applicato solo se:

  • l'attività lavorativa è svolta all'estero per un certo periodo di tempo con carattere di permanenza o sufficiente stabilità;
  • il lavoro svolto all'estero costituisce oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l'esecuzione del lavoro è svolta all'estero;
  • il lavoratore soggiorna all'estero per un periodo superiore a 183 giorni entro dodici mesi.

Inoltre, è stato precisato che il criterio per l'applicazione della “retribuzione convenzionale” è la “presenza fisica” del lavoratore per la maggior parte dell'anno fiscale all'estero.

Da ciò ne consegue che, chi non si trova nella situazione sopra descritta, in quanto costretto a rientrare in Italia per motivi di Covid-19, sarà tassato sul reddito effettivo da lavoro dipendente percepito e non sulla retribuzione convenzionale, determinando quindi un sostanziale aggravio fiscale.

 

Risposta all’interpello n. 596 del 16 settembre 2021 – Applicazione del regime impatriates per gli Smart workers dall’estero

 

Con la risposta all’interpello n. 596/2021, l'Agenzia delle Entrate ha espresso parere favorevole all'applicazione del “Regime Speciale per i lavoratori Impatriati” (art. 16 D.Lgs 147/2015) nei confronti di un dipendente di una società estera che lavora in Italia in regime di “smart working”.

In questo periodo di pandemia globale sono sensibilmente incrementate le persone (sia italiane che straniere) che hanno deciso di trasferire la loro residenza in Italia e lavorare in modalità di “smart working”.

La spinta propulsiva a questo meccanismo è stata fornita anche dalla possibilità di usufruire di un regime fiscale fortemente favorevole, così come previsto dall’art. 16, D.Lgs. 147/2015, qualora la residenza fiscale venga trasferita in Italia.

Attraverso la interpretazione n. 596/2021, l’Agenzia delle Entrate ha voluto quindi sciogliere le riserve e dettare una linea guida.

Il caso in questione riguarda, infatti, un cittadino italiano trasferitosi all'estero nel 2013 e dipendente di una società statunitense, rientrato in Italia nei primi mesi del 2021 insieme alla famiglia e che continua a lavorare per la stessa azienda estera.

Per poter usufruire del trattamento di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, così come modificato dall'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, è necessario che il lavoratore:

  • trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del TUIR;
  • non sia stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno due anni;
  • svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L’Agenzia delle Entrate ha motivato la sua decisione, prendendo come riferimento la circolare n. 33/E del 2020, nella quale viene evidenziato che l’attuale formulazione dell’art. 16, ai fini dell’accesso al beneficio, non prevede che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio dello Stato e possono quindi accedere all'agevolazione anche i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).

Viene quindi eliminato il vincolo precedentemente definito per cui l’attività lavorativa debba essere esclusivamente svolta nell’interesse di una società Italiana.

Infatti, prima di questa risoluzione, ci si chiedeva se tra le condizioni necessarie ai fini dell’applicazione dei benefici fiscali, vi fosse quella per cui il lavoratore, dopo essere rimpatriato in Italia, dovesse anche assumere una nuova posizione lavorativa in “discontinuità” totale rispetto al passato, oppure bastasse il rientro in Italia dall’estero come condizione sufficiente per l’accesso all’agevolazione.

Nel caso specifico, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha optato per la via più semplice, non fornendo specifici chiarimenti sul tema.

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